I cittadini europei detengono oltre 2mila miliardi di dollari all’estero Europa

Solo in Italia parliamo di 198 miliardi di dollari (9,8% del Pil), una cifra che negli ultimi anni è raddoppiata. Per monitorare questo fenomeno, particolarmente esposto all’evasione fiscale, è di cruciale importanza la cooperazione internazionale.

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Evasione ed elusione fiscale possono assumere le forme più diverse. Spesso avvengono a livello di aziende, come nel caso delle multinazionali che, avendo sedi in più paesi, possono facilmente trasferire i propri profitti dove il regime di tassazione risulta più favorevole. Ma anche i privati cittadini possono evadere il fisco, per esempio detenendo ricchezze e risorse finanziarie fuori dal proprio paese, in paradisi fiscali. Importanti episodi di questo tipo, che hanno scosso l’opinione pubblica, sono stati ad esempio i Pandora papers e i cosiddetti Swiss leaks.

La ricchezza offshore è un fenomeno di ampia portata, non di per sé illegale, ma che, essendo maggiormente esposto all’evasione fiscale, può causare ingenti perdite alla collettività e allo stesso tempo inasprire le disuguaglianze economiche, rendendone più difficile la rilevazione. Di quest’ultimo aspetto si occupa l’Eu tax observatory, un laboratorio di ricerca finanziato dall’Unione europea. Dalle loro ultime analisi emerge che i cittadini dell’Ue detengono oltre 2mila miliardi di dollari offshore. Solo in Italia parliamo di quasi 198 miliardi, pari al 9,8% del Pil.

Come si stima la ricchezza offshore

Con ricchezza finanziaria offshore delle famiglie si fa riferimento alle attività finanziarie detenute da individui al di fuori del loro paese di residenza. Tale categoria comprende i depositi bancari e i portafogli titoli (azioni, obbligazioni, quote di fondi comuni di investimento e altri strumenti finanziari).

Detenere asset finanziari all’estero è permesso, purché si dichiarino i guadagni che ne derivano alle autorità domestiche, dato che i paesi tassano i guadagni dei propri residenti a prescindere da dove essi siano ricavati. Tuttavia, l’evasione fiscale è molto più semplice al di fuori dal paese di residenza, per tutta una serie di dinamiche: la poca visibilità, la necessità di un forte coordinamento tra gli banche e stati a livello internazionale nonché l’esistenza di una serie di possibili stratagemmi per aggirare la dichiarazione.

Il common reporting standard ha facilitato e automatizzato la cooperazione fiscale internazionale.

Per molto tempo è stato estremamente difficile delineare le dimensioni del fenomeno. È diventato poi più facile grazie alla metodologia di riferimento elaborata dall’economista francese Gabriel Zucman, dell’Eu tax observatory. Si tratta fondamentalmente di misurare il mismatch esistente tra attività e passività a livello internazionale. A segnare una svolta è stata anche la decisione di più di 100 paesi di adottare il common reporting standard (Crs) dell’Ocse. Da allora le banche nei paradisi fiscali perlopiù comunicano automaticamente le informazioni sui propri clienti alle autorità fiscali dei loro paesi di residenza. Prima invece vigeva un vero e proprio regime di segretezza bancaria e le banche rispondevano soltanto a richieste esplicite. L’adesione al Crs ha migliorato enormemente le capacità di analisi e rilevazione sul fenomeno della ricchezza offshore e per questo ha costituito un fondamentale strumento di cooperazione internazionale.

Le attività finanziarie che i cittadini europei detengono all’estero

Secondo le stime effettuate dall’Eu tax observatory, a livello globale circa 12mila miliardi di dollari sono depositati fuori dal paese di residenza del proprietario alla fine del 2022. Si escludono da questa stima le proprietà materiali come oro, opere d’arte e case. Una cifra molto elevata, pari al 12% del Pil mondiale. L’osservatorio stima che circa un quarto di queste ricchezze non vengono in alcun modo tassate.

Per quanto riguarda i 22 paesi membri per i quali sono disponibili dati (sono esclusi Cipro, Lussemburgo, Belgio e Austria, considerati dall’Eu tax observatory dei paradisi fiscali e non sono disponibili i dati di Malta), la cifra supera i 2mila miliardi di dollari.

2.141 miliardi di $ gli asset finanziari detenuti all’estero dai cittadini di 22 paesi Ue (2022).

La ricchezza finanziaria offshore delle famiglie si riferisce alle attività finanziarie detenute da individui al di fuori del loro Paese di residenza. Le attività finanziarie comprendono depositi bancari e portafogli di titoli (azioni, obbligazioni e quote di fondi comuni di investimento). Non sono disponibili i dati di Malta, mentre sono esclusi Cipro, Belgio, Lussemburgo e Austria, considerati dall’Eu tax observatory dei paradisi fiscali.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Atlas of the offshore world
(pubblicati: lunedì 15 Maggio 2023)

In termini assoluti la Francia è il paese Ue che registra la più consistente ricchezza finanziaria offshore: 545 miliardi di dollari nel 2022. Segue la Germania con 377 miliardi e l’Italia, al terzo posto, con 198. Se però osserviamo il rapporto con il prodotto interno lordo, il dato più elevato è quello greco: la ricchezza offshore in Grecia ammonta al 64% del Pil. Quasi il doppio della Bulgaria, che si attesta al 37,1%.

Prima era molto forte il ruolo della Svizzera, la quale però ha perso notevolmente importanza negli ultimi 15 anni, a vantaggio soprattutto dei paradisi fiscali asiatici. Continua tuttavia a essere il principale paradiso fiscale in Europa, riportando 2,6mila miliardi di dollari provenienti da cittadini non residenti nel paese. Segue il Lussemburgo con 629 miliardi.

197,96 miliardi di $ detenuti da italiani fuori dal paese nel 2022.

Con ricchezza finanziaria offshore delle famiglie si intendono le attività finanziarie detenute da individui al di fuori del loro paese di residenza. Le attività finanziarie comprendono depositi bancari e portafogli di titoli (azioni, obbligazioni e quote di fondi comuni di investimento).

FONTE: elaborazione openpolis su dati Atlas of the offshore world
(pubblicati: lunedì 15 Maggio 2023)

Nei primi anni 2000 le risorse finanziarie detenute all’estero dagli italiani erano elevate: hanno toccato due picchi nel 2004 (190 miliardi di dollari) e nel 2007 (187 miliardi). Dopo un progressivo calo, a partire dal 2016 l’entità della ricchezza finanziaria offshore è nuovamente aumentata, per toccare un altro picco nel 2021: circa 208 miliardi di dollari. Dal 2020 il rapporto con il Pil si attesta al 9,8%. Una cifra più contenuta rispetto al 14,3% del 2001, ma che comunque segna un incremento rispetto ad anni in cui la percentuale non ha superato il 5%.

L’evasione fiscale offshore

Come abbiamo accennato precedentemente, detenere risorse finanziarie all’estero non è illegale. E spesso le persone possono scegliere di farlo per ragioni che non hanno nulla a che vedere con le tasse. Globalmente, come abbiamo visto, circa il 25% delle risorse finanziarie all’estero riesce a sfuggire alla dichiarazione ed è una quota ormai in calo da diversi anni.

Tuttavia quello della ricchezza finanziaria offshore resta un fenomeno che occorre monitorare con attenzione. Una serie di fattori lo espongono infatti al problema dell’evasione fiscale. L’Eu tax observatory ne individua otto in particolare:

  • l’inadempienza delle banche, che non dichiarano le informazioni che sarebbero tenute a rilasciare, per favorire i propri clienti;
  • la trasformazione delle aziende in banche di comodo (shell banks), che permettono al proprietario di eludere la dichiarazione a terzi, di fatto autodichiarando;
  • il ricorso ai programmi di ottenimento della cittadinanza tramite investimento;
  • la diluizione: ci sono delle soglie al di sotto delle quali non è obbligatorio dichiarare, pertanto si possono diluire gli investimenti in una serie di transazioni di importo più basso;
  • le eventuali lacune nei requisiti di dichiarazione;
  • la mancata partecipazione degli Stati Uniti (un attore finanziario di dimensioni notevoli) al Crs;
  • la carenza di capacità amministrativa;
  • le sfide nell’inclusione dei paesi a più basso livello di sviluppo.

Si tratta quindi di una questione che continua a essere delicata, essendo il fenomeno gestito internazionalmente e avendo al proprio centro una serie di interessi. Per appianare il più possibile le disuguaglianze e restituire alla collettività risorse che le spettano, è necessario agire attraverso strumenti di collaborazione internazionale.

Foto: Paul Fiedlerlicenza

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