La rottura Azione-Italia viva e il ritorno dei cambi di gruppo Governo e parlamento

Il tema dei cambi di gruppo non è stato al centro del dibattito negli ultimi mesi, ma anche nella precedente legislatura si era partiti in sordina salvo poi arrivare a diverse centinaia di riposizionamenti. Per questo è importante tenere il fenomeno sotto controllo.

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La scissione avvenuta in parlamento tra Azione e Italia viva ha dato origine nelle ultime settimane a una serie di cambi di gruppo. Questo tema non è stato al centro del dibattito nell’ultimo anno per diversi motivi. In primo luogo perché non ha riguardato da vicino i gruppi della maggioranza che rimane molto solida per il momento. In seconda battuta perché, fino alla rottura tra Matteo Renzi e Carlo Calenda, il fenomeno non aveva riguardato esponenti politici di spicco.

C’è da dire però che anche nei primi 14 mesi della precedente legislatura i numeri furono modesti, addirittura inferiori rispetto all’attuale. Il fenomeno è poi esploso a partire dal 2019, con la caduta del primo governo Conte.

39 i cambi di gruppo complessivi registrati nella XIX legislatura. 

È quindi molto importante tenere sotto controllo queste dinamiche perché gli equilibri politici potrebbero variare rapidamente.

Come cambiano gli equilibri in parlamento

La rottura tra Azione è Italia viva era nota da diversi mesi ma la scissione delle due forze politiche in parlamento è avvenuta solo recentemente. Ciò perché un’eventuale separazione avrebbe avuto delle conseguenze negative per entrambe.

In base ai regolamenti di camera e senato attualmente in vigore infatti nessuna delle due formazioni avrebbe avuto i numeri per istituire un gruppo indipendente a Montecitorio, dov’è richiesto un minimo di 20 aderenti (14 a partire dalla prossima legislatura). A palazzo Madama invece, dove la soglia è di 6 senatori, solo Italia viva ha i numeri. È stato quindi necessario trovare prima un accordo tra gli esponenti della camera e del senato e i rispettivi consigli di presidenza. Ciò al fine di garantire una rappresentanza a entrambe le formazioni.

I gruppi ricoprono un ruolo centrale non solo per i lavori in aula e nelle commissioni ma anche perché gestiscono ingenti risorse pubbliche. Vai a “Che cosa sono i gruppi parlamentari”

A palazzo Madama, la soluzione trovata è stata che il gruppo precedentemente denominato Azione – Italia Viva – Renew Europe ha assunto la denominazione Italia Viva – Il Centro – Renew Europe e adesso raccoglie i 7 esponenti vicini a Matteo Renzi. I senatori di Azione invece, 4 in tutto, sono stati “costretti” a trasferirsi nel misto, non avendo i numeri per istituire un nuovo gruppo. Qui, è stata autorizzata la nascita di una componente autonoma. I suoi appartenenti però non hanno ottenuto nessuna posizione di rilievo all’interno del misto (presidente, vice presidente o tesoriere).

Alla camera invece la giunta per il regolamento ha autorizzato la creazione in deroga di due realtà indipendenti. Formalmente il “vecchio” gruppo lo ha ereditato Azione, ha assunto la denominazione Azione – Popolari europeisti riformatori – Renew Europe e adesso conta 12 aderenti. I 9 esponenti renziani si sono invece spostati in una nuova formazione che ha adottato lo stesso nome di quella del senato.

FONTE: elaborazione openpolis su dati parlamento
(ultimo aggiornamento: lunedì 4 Dicembre 2023)

Per quanto riguarda la composizione degli altri gruppi invece possiamo osservare che alla camera il più consistente resta Fratelli d’Italia con 118 deputati. Seguono Partito Democratico (69) e Lega (66). Stessi equilibri al senato, rispettivamente con 63, 37 e 29 appartenenti.

Cambi di gruppo, la tendenza nel tempo

Come abbiamo detto, i cambi di gruppo complessivamente registrati dall’inizio della legislatura sono stati 39. Un numero contenuto in confronto ai 464 verificatisi tra il marzo 2018 e il settembre del 2022. È però interessante osservare che anche i primi 14 mesi della XVIII legislatura si erano caratterizzati per un basso numero di riposizionamenti, addirittura inferiore rispetto a quello dell’attuale.

Dinamiche simili per i cambi di gruppo nelle ultime 2 legislature.

Le dinamiche fin qui registrate sono state molto simili. Nel primo mese ci sono stati diversi spostamenti dovuti al fatto che non tutte le forze politiche presenti in parlamento avevano i numeri per istituire dei gruppi autonomi. In questo caso le alternative fondamentalmente erano 2. O istituire una componente all’interno del gruppo misto oppure chiedere una deroga ai regolamenti. Deroga che, come abbiamo visto, spesso viene concessa.

Nella XVIII legislatura ci fu il caso di Liberi e uguali alla camera. Gruppo in cui confluirono tutti i deputati aderenti a quell’area politica che fino ad allora avevano fatto parte del misto. Nell’attuale legislatura casi simili hanno riguardato i gruppi di Alleanza verdi e sinistra alla camera e Noi moderati in entrambi i rami del parlamento.

I dati relativi al senato per quanto riguarda la XIX legislatura sono aggiornati al 13 novembre 2023.

FONTE: elaborazione e dati openpolis
(ultimo aggiornamento: lunedì 4 Dicembre 2023)

Una volta conclusi questi aggiustamenti iniziali, il numero di cambi di gruppo è stato in effetti molto basso nei mesi successivi sia nella XVIII che nella XIX legislatura. Si parla di un massimo di 2 cambi di gruppi al mese. Un primo momento importante nella legislatura precedente fu la caduta del primo governo Conte (agosto-settembre 2019) che portò a ben 51 cambi di gruppo. In quella in corso invece la scissione tra Azione e Italia viva rappresenta il primo momento importante da questo punto di vista.

Il numero dei cambi di gruppo può dipendere anche dai risultati elettorali.

C’è da dire che a influire in queste dinamiche sono senza dubbio anche i risultati elettorali. Nel 2018 infatti dalle urne non uscì una chiara coalizione vincitrice e ciò portò alla formazione di maggioranze eterogenee e instabili. Nel caso attuale invece la posizione del centrodestra è piuttosto solida in parlamento, almeno per ora.

Non è detto infatti che le cose non possano cambiare in futuro. Ad esempio in seguito ai risultati delle elezioni europee del prossimo anno che potrebbero avere delle ripercussioni anche a livello nazionale.

I cambi di gruppo nel dettaglio

In generale si può affermare che ogni cambio di gruppo ha una motivazione politica, per cui è giusto tenere traccia di ogni spostamento. Tuttavia non sempre la decisione di modificare l’adesione a un gruppo comporta necessariamente un cambio di appartenenza politica, come nel caso della formazione o dello scioglimento di gruppi.

Non tutti i cambi di gruppo sottendono una variazione di appartenenza politica.

Rientrano in questa categoria, ad esempio, le 21 uscite registrate dal misto della camera a inizio legislatura. In questo caso i deputati sono confluiti nei neonati gruppi di Avs e Noi moderati. Da questo punto di vista, la scissione che ha caratterizzato Azione e Italia viva, che ha dato origine a 9 riposizionamenti alla camera e 4 al senato, rappresenta un caso diverso. Visto che all’origine di questa separazione c’è una spaccatura politica.

Ci sono poi altri cambi che riguardano queste due formazioni ma che rappresentano un caso ancora diverso. E sono quelli dei senatori Enrico Borghi e Dafne Musolino, confluiti in Azione-Iv rispettivamente dal Partito democratico e dal gruppo Per le autonomie. In seguito alla scissione, entrambi sono rimasti in Italia viva non dando origine quindi a ulteriori cambi di gruppo. Un caso simile c’è stato anche alla camera e ha riguardato l’ex ministra della famiglia Elena Bonetti. Eletta fra le file di Italia viva, ha poi scelto di passare ad Azione prima però che le due formazioni si separassero.

FONTE: elaborazione e dati openpolis
(ultimo aggiornamento: lunedì 4 Dicembre 2023)

Allargando lo sguardo anche alle altre formazioni politiche incontriamo il caso di Aboubakar Soumahoro, unico parlamentare che si è reso protagonista di 2 cambi di gruppo nell’attuale legislatura. Eletto nelle file dell’Alleanza verdi e sinistra, ha prima seguito i suoi colleghi dal misto al gruppo autonomo. Successivamente ha fatto il percorso inverso a seguito delle vicende giudiziarie legate alla cooperativa gestita dalla famiglia della moglie. In questo secondo caso si può parlare di un cambio di gruppo per motivazioni politiche a tutti gli effetti.

Un altro caso è quello di Michela Vittoria Brambilla. Storica esponente di Forza Italia e spesso al centro delle polemiche per la scarsa presenza in parlamento, è stata candidata dalla coalizione di centrodestra come indipendente. Ha inizialmente aderito al gruppo misto salvo poi passare a Noi moderati a marzo di quest’anno.

Altro caso interessante è quello del senatore a vita Carlo Rubbia. A inizio legislatura infatti è stato l’unico membro di palazzo Madama a scegliere di non aderire a nessun gruppo. Una possibilità introdotta a partire da questa legislatura a seguito della revisione del regolamento. In seguito però Rubbia ha deciso di modificare la propria scelta e di aderire alla componente delle minoranze linguistiche che così ha raggiunto il numero minimo di senatori necessario per costituire un gruppo autonomo. Si tratta di una prassi verificatisi anche in passato con altri ex presidenti della repubblica e senatori a vita. Il fine è quello di consentire una rappresentanza più incisiva a queste minoranze.

I rapporti tra Azione e Italia viva, i voti ribelli

La rottura tra Azione e Italia viva rappresenta quindi la variazione più significativa negli equilibri parlamentari registrata finora. Come detto la scissione dei gruppi è divenuta effettiva solo di recente ma le tensioni crescenti tra i due movimenti erano note da tempo. Tanto che lo scorso aprile il leader di Azione Carlo Calenda aveva annunciato il naufragio del progetto di partito unico.

Può essere interessante quindi capire quale sia stato l’atteggiamento delle due anime del gruppo, costrette a una “convivenza forzata” per diversi mesi. Hanno portato avanti una strategia unitaria oppure ognuno è andato per la propria strada già prima dello scioglimento ufficiale? Un indicatore che ci può aiutare a capirlo è quello dei voti ribelli.

Dopo la rottura di aprile, il numero di voti ribelli di Azione e Italia viva è aumentato.

Quelli fatti registrare dai componenti di Azione e Italia viva sono stati 2.023 di cui 1.405 alla camera e 618 al senato. Si tratta di valori tutto sommato contenuti se si considera che le votazioni svolte dall’inizio della legislatura sono state oltre 7mila. Inoltre si deve tenere presente che parliamo di due schieramenti politici con una chiara identità, benché simile, che si erano uniti per un mero calcolo elettorale.

Un primo elemento interessante riguarda il fatto che i voti ribelli sono più o meno equamente distribuiti tra le due forze politiche, con una leggera prevalenza per Azione (1.075) rispetto a Italia viva (948). Non c’è stata quindi una chiara divisione delle due forze all’interno dei gruppi, con uno schieramento di maggioranza a dettare la linea e l’altro in costante opposizione. Più probabilmente si sono formate delle maggioranze eterogenee all’interno del gruppo a seconda del tema dibattuto in aula.

Un parlamentare è considerato ribelle quando esprime un voto diverso da quello del gruppo parlamentare a cui appartiene. Si tratta di un indicatore puramente quantitativo del grado di ribellione alla “disciplina” del gruppo. Come data della rottura tra le due formazioni è stata scelta redazionalmente quella del 14 aprile 2023, giorno in cui è stato annunciato il fallimento del progetto di partito unico. L’analisi si ferma all’8 novembre per il senato e al 16 novembre per la camera. Giorni in cui i gruppi si sono ufficialmente divisi nelle rispettive aule.

FONTE: elaborazione e dati openpolis
(ultimo aggiornamento: lunedì 4 Dicembre 2023)

Questo schema però è venuto meno, almeno in parte, a seguito della rottura annunciata dai due leader. Da aprile in avanti infatti si è registrata un’impennata nel numero dei voti ribelli: 1.621 in totale. Un dato molto significativo se si considera che il periodo intercorso prima e dopo la rottura è più o meno lo stesso (rispettivamente 6 e 7 mesi circa).

Non tutti i parlamentari però hanno effettuato lo stesso numero di ribellioni. Alcuni infatti ne hanno fatte registrare molte, altri quasi nessuna. Al primo posto da questo punto di vista troviamo Daniela Ruffino (Azione, 145 voti ribelli), al secondo Mariastella Gelmini (Azione, 141) al terzo Naike Gruppioni (Italia viva, 125). Tra i due leader è stato Carlo Calenda quello ad essersi attenuto meno alla linea del gruppo con 115 voti ribelli. Mentre Matteo Renzi si ferma a 63.

Foto: Facebook – Carlo Calenda

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