Abbiamo speso appena il 7,4% dei fondi Pnrr previsti per il 2023 Monitoraggio e trasparenza

Da mesi segnaliamo l’assenza di informazioni chiare e precise sullo stato di avanzamento dei progetti finanziati con il Pnrr. Una relazione dell’ufficio parlamentare di bilancio pubblicata a dicembre fornisce alcune indicazioni molto preoccupanti.

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Nelle ultime settimane il governo Meloni ha raggiunto alcuni importanti traguardi per quanto riguarda il piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Dapprima l’approvazione da parte delle istituzioni europee della proposta di revisione presentata. Successivamente l’erogazione della quarta rata di fondi legata agli obiettivi che il nostro paese doveva raggiungere entro il giugno scorso. Infine l’invio della richiesta della quinta rata relativa alle scadenze fissate per la seconda parte del 2023. 

Nonostante questi risultati, le criticità legate al piano italiano sono tutt’altro che risolte. Da mesi segnaliamo che mancano informazioni relative allo stato di avanzamento dei progetti finanziati con il Pnrr. Informazioni che sono disponibili sulla piattaforma Regis, dedicata alla rendicontazione del piano, ma che non sono pubbliche. Per avere qualche indicazione su questi aspetti occorre appoggiarsi ai report realizzati dai soggetti che hanno accesso alla piattaforma. In questo caso il documento più recente è stato realizzato dall’ufficio parlamentare di bilancio (Upb), con dati aggiornati a novembre 2023. Dall’analisi di questa relazione emerge un quadro molto preoccupante.

75% dei progetti esecutivi registrati sulla piattaforma Regis risulta in ritardo rispetto alla tabella di marcia.

Peraltro nella sua analisi, l’Upb rileva che la revisione del Pnrr non ha permesso di superare le difficoltà che hanno determinato questi ritardi. Ha semplicemente consentito di guadagnare tempo, facendo scalare in avanti alcuni degli obiettivi che il nostro paese deve raggiungere.

Indubbiamente anche la trattativa con le istituzioni europee per la revisione del piano ha provocato in qualche modo uno stallo nei lavori. Tuttavia, se non si interverrà in maniera decisa per recuperare il ritardo accumulato, il rischio è che negli anni conclusivi del piano (il 2025 e il 2026) il nostro paese si troverà a dover gestire una situazione estremamente complessa.

Criticità e carenze dei dati

Nell’introduzione alle sue analisi l’Upb sottolinea come sia estremamente complicato valutare lo stato di attuazione del Pnrr.

Le informazioni contenute in Regis presentano molte carenze.

L’ufficio parlamentare infatti rileva in primo luogo come i dati presenti nella piattaforma Regis ancora non siano né esaustivi né tempestivi. Inoltre sono carenti sia dal punto di vista della coerenza interna (tra le varie sezioni della piattaforma) che esterna (confrontando ad esempio le informazioni contenute in altre banche dati). 

Per questo motivo l’Upb ha scelto di integrare i dati sui progetti contenuti in Regis con informazioni esterne. Da questo punto di vista la fonte principale è stata la banca dati dell’autorità nazionale anticorruzione (Anac) sulle gare d’appalto.

I dati sulla spesa

Fatta questa premessa, l’Upb passa ad analizzare i dati sulle risorse assegnate e sulle spese già effettivamente sostenute. Un indicatore utile per capire se i lavori di una certa opera sono già partiti e a che livello di completamento sono.

Nel 2023 abbiamo speso molte meno risorse Pnrr del previsto.

Da questo punto di vista l’Upb rileva che, al 26 novembre, erano stati spesi complessivamente 28,1 miliardi di euro. Pari a circa il 14,7% del totale delle risorse Pnrr assegnate all’Italia. Nel periodo compreso tra il 2020 e il 2022 la spesa effettuata è stata sostanzialmente in linea con quella prevista. C’è da dire però che il piano di spesa aveva già subito alcune revisioni, come abbiamo spiegato in questo articolo.

Il dato significativo e particolarmente allarmante è quello relativo all’anno appena concluso. Nel 2023 infatti abbiamo speso circa 2,5 miliardi di euro di fondi Pnrr. Si tratta di appena il 7,4% del totale delle risorse programmate inizialmente. Un ritardo di proporzioni davvero rilevanti e che dovrà essere recuperato nei prossimi 3 anni.

I dati sulla spesa programmata sono tratti da una relazione della corte dei conti pubblicata a maggio 2023. Il dato sulla spesa dichiarata come sostenuta nel 2023 invece è tratto dalle informazioni contenute in una memoria pubblicata dall’ufficio parlamentare di bilancio.

FONTE: elaborazione openpolis su dati corte dei conti, Regis e ufficio parlamentare di bilancio
(ultimo aggiornamento: domenica 26 Novembre 2023)

Un altro elemento che emerge dall’analisi dell’Upb riguarda il fatto che i dati sulla spesa sono “trainati” da quei progetti che non prevedono la realizzazione di opere da parte dei soggetti pubblici. Parliamo in particolare di quelle misure che riguardano incentivi ai privati. Ad esempio, sono stati spesi 8,7 miliardi di euro per interventi legati a ecobonus e sismabonus.

La seconda misura che ha assorbito più fondi è quella legata al credito d’imposta per le imprese nell’ambito di Transizione 4.0 (5,4 miliardi). La terza misura invece è quella relativa alla valorizzazione del territorio e all’efficienza energetica dei comuni. Si tratta in questo caso, peraltro, di una delle misure che il governo Meloni ha inteso definanziare. Per cui ancora non è chiaro da dove arriveranno le risorse per portare a conclusione i progetti già avviati.

Lo stato di avanzamento dei progetti

La relazione dell’Upb fornisce anche indicazioni più specifiche sullo stato di avanzamento dei singoli interventi che siano dotati di un Cup (codice univoco progetto) e di un Clp (codice locale progetto). In base a quanto riportato, i progetti avviati a novembre 2023 risultavano essere in totale 231.140. Le opere già concluse erano 14.631.

6,3% i progetti Pnrr registrati sulla piattaforma Regis che risultano essere già conclusi. 

Per quanto riguarda gli interventi non ancora conclusi invece, le informazioni fornite sono relative a quei casi in cui si è già arrivati almeno al livello della progettazione esecutiva. Quella necessaria per bandire gli appalti e iniziare successivamente i lavori. I progetti in questo caso sono suddivisi in base allo step di realizzazione in cui si trovano (questa informazione però non è sempre indicata dai soggetti attuatori): approvazione del progetto esecutivo, messa a bando e assegnazione dei lotti, realizzazione delle opere, collaudo.

In base a queste informazioni, si può osservare che in generale nel 75% dei casi si sono registrati dei ritardi. Le difficoltà maggiori si riscontrano principalmente in fase di progettazione esecutiva e assegnazione. Si tratta di quasi un terzo di tutti i ritardi riscontrati nelle varie fasi, che salgono a oltre il 62% se si escludono i casi non classificati. Una volta individuata la ditta generalmente si riesce a procedere più velocemente.

La tabella fa riferimento alla platea di 231.140 progetti registrati sulla piattaforma Regis. Tali interventi sono qui osservati nelle varie fasi in cui si articola la loro realizzazione. Per questo motivo il numero di progetti esecutivi è diverso rispetto al dato su quelli selezionati dai soggetti attuatori. E soprattutto il totale delle fasi passate in rassegna risulta molto maggiore. Ogni singola opera infatti per essere realizzata può avere bisogno di una o più progettazioni esecutive da mettere a gara. Inoltre il singolo progetto esecutivo può essere ripartito in lotti per la sua realizzazione.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Regis e ufficio parlamentare di bilancio
(ultimo aggiornamento: domenica 26 Novembre 2023)

L’Upb infine evidenzia che i ritardi non sono quasi mai attribuibili alle gare andate deserte. Questa motivazione, citata spesso in passato, può valere per singoli casi anche eclatanti (asili nido, idrogeno) ma in generale dai dati disponibili risulta marginale.

I motivi dei ritardi

In base a quanto riportato dall’Upb possiamo osservare che a fine novembre risultava in gran parte completata la fase di assegnazione delle risorse del Pnrr ai soggetti attuatori selezionati. Inoltre il 67% dei fondi assegnati risultava già allocato a singoli progetti. Da questo punto di vista l’Upb non rileva particolari disparità nell’assegnazione dei fondi tra le varie macro-aree del paese.

Queste emergono in maniera più evidente se invece si considerano la quota di progetti già arrivati a conclusione e la capacità di fare bandi e assegnare gli appalti. La quota di progetti già conclusi è bassa dappertutto ma nelle regioni del nord Italia è quasi doppia rispetto a quella del meridione. Le regioni del sud sono quelle che incontrano le maggiori difficoltà nel fare le gare e assegnare i lavori. L’Upb attribuisce queste disparità in parte a storiche difficoltà del mezzogiorno nella preparazione e nello svolgimento delle gare, soprattutto da parte di stazioni appaltanti di piccole dimensioni. Ma un altro elemento critico riguarda l’estrema frammentazione del piano a livello locale.

Una potenziale criticità riguarda l’elevata numerosità di piccoli progetti con soggetti attuatori di natura privata o mista (scuole, associazioni, imprese, consorzi, singole partite Iva o ragioni sociali, ecc.), dispersi sul territorio e con limitata esperienza di gestione delle gare.

Se da un lato si tratta di una chiara scelta del Pnrr pensata per consentire un maggiore coinvolgimento delle comunità territoriali, dall’altro l’Upb individua proprio in questo uno dei motivi dei ritardi accumulati finora. Anche in termini di trasmissione dei dati riguardanti l’assegnazione dei lavori e di monitoraggio sul loro avanzamento. Per questo sarebbe necessario intervenire a sostegno dei soggetti attuatori più in difficoltà. Anche per evitare che il divario tra nord e sud del paese si acuisca ancora di più. Divario che invece il Pnrr puntava – e punterebbe – a ridurre.

Prospettive future

Un altro elemento rilevato dall’Upb riguarda il fatto che le modifiche al Pnrr recentemente approvate dall’Unione europea comportano uno spostamento in avanti degli obiettivi da raggiungere e di conseguenza dei fondi erogati da Bruxelles al nostro paese.

La revisione del Pnrr è servita a guadagnare tempo ma non ha risolto i problemi.

Per fare un esempio pratico, a dicembre l’Italia ha richiesto l’invio dei fondi relativi alla quinta rata del piano. Un passaggio che, come sempre, è stato presentato con grande soddisfazione dagli esponenti del governo Meloni. Omettendo tuttavia un elemento importante. Il fatto cioè che lo slittamento in avanti degli obiettivi da raggiungere ha anche comportato una diminuzione dei fondi richiesti. Passati, relativamente alla quinta rata, da 18 miliardi a 10,6.

Il piano delle rate del Pnrr prima della sua revisione.

L’Upb in questo caso evidenzia che se da un lato questo slittamento consente all’Italia di guadagnare tempo per completare gli affidamenti e realizzare i lavori, dall’altro non incide minimamente sulle ragioni dei ritardi. Se non si interviene sulle capacità burocratiche e amministrative degli enti locali, il rischio è comunque quello di arrivare al 2026 con una situazione estremamente critica.

Il nostro osservatorio sul Pnrr

Questo articolo rientra nel progetto di monitoraggio civico OpenPNRR, realizzato per analizzare e approfondire il piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Ogni lunedì pubblichiamo un nuovo articolo sulle misure previste dal piano e sullo stato di avanzamento dei lavori (vedi tutti gli articoli). Tutti i dati sono liberamente consultabili online sulla nostra piattaforma openpnrr.it, che offre anche la possibilità di attivare un monitoraggio personalizzato e ricevere notifiche ad hoc. Mettiamo inoltre a disposizione i nostri open data che possono essere riutilizzati liberamente per analisi, iniziative di data journalism o anche per semplice consultazione.

Foto: GovernoLicenza

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