I governi europei spendono poco per la protezione dell’ambiente Ambiente

Il ruolo dei governi per ridurre gli effetti del cambiamento climatico è particolarmente importante. A livello comunitario, gli investimenti per la tutela degli ecosistemi non sono sostenuti solo dal budget europeo ma anche dal contributo dei singoli stati membri.

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Nel maggio 2023, l’organizzazione meteorologica mondiale (Wmo) ha dichiarato che tra il 2023 e il 2027 ci si aspetta con una probabilità del 66% che la temperatura della superficie terrestre superi in media il livello di 1,5°C di aumento dai livelli pre-industriali. Questa prospettiva è particolarmente preoccupante, dal momento che superare quel livello potrebbe portare, secondo gli scienziati, a un punto di non ritorno.

Sono necessarie azioni coese per evitare che ciò accada. Sono numerosi gli enti (pubblici e privati) che possono mettere in campo politiche e finanziamenti per limitare gli impatti antropici sul pianeta e tutelarne le numerose forme di vita. Un ruolo cruciale è quello ricoperto dai governi nazionali: oltre ad essere chiamati al confronto durante le conferenze delle parti (Cop), sono anche organi che possono dare una direzione generale a livello legislativo ed economico al paese.

Le spese dei governi europei per l’ambiente

Il cambiamento climatico sta già registrando degli impatti all’interno dell’Unione, sotto numerosi punti di vista. Sono infatti in aumento le segnalazioni di fenomeni meteorologici estremi che mettono a rischio gli ecosistemi e la salute di chi li abita. Per questo motivo, sono stati istituiti dei programmi a livello comunitario come il green deal che hanno degli obiettivi ambiziosi. È però fondamentale che oltre agli interventi effettuati con il budget europeo ci siano anche dei versamenti da parte degli stati membri, come puntualizza l’agenzia europea per l’ambiente (european environment agency, Eea) che incita a maggiori investimenti da parte dei paesi della comunità europea.

Per comprendere quanto viene speso per un determinato ambito, Eurostat adotta la classificazione internazionale della spesa pubblica per funzione (classification of the functions of government, Cofog) che permette di vedere la spesa dai governi centrali fino agli enti locali. La nostra analisi si concentra soltanto sui livelli governativi nazionali, non entrando nel merito degli ambiti regionali, provinciali oppure comunali. La spesa in ambito ambientale è un’uscita complessivamente bassa rispetto a quella per altri settori.

119 miliardi di euro spesi nel 2021 per la protezione dell’ambiente.

Si tratta, in termini assoluti, del penultimo ambito di spesa dei governi centrali. Le spese maggiori vengono sostenute nel settore della protezione sociale (2.983 miliardi di euro), della salute (1.179) e degli affari economici (918). L’unico ambito di spesa con importi minori è quello delle abitazioni e dell’assetto territoriale (91). In termini di percentuale di prodotto interno lordo (Pil) impiegato, ammonta allo 0,8% di quello prodotto dai paesi membri.

Si tratta di un ambito di spesa che ha riportato valori stabili negli anni: tra il 1995 e il 2021 oscilla tra lo 0,7% e lo 0,9% del Pil prodotto. Anche la proporzione rispetto alla spesa totale è rimasta piuttosto stabile, tra l’1,4% e l’1,7% delle uscite complessive.

Il dato mostra la spesa per la protezione dell’ambiente come definito dalla classificazione Cofog. Sono comprese all’interno di questa funzione:

  • trattamento dei rifiuti;
  • trattamento delle acque reflue;
  • riduzione dell’inquinamento;
  • protezione delle biodiversità e dei beni paesaggistici;
  • R&S per la protezione dell’ambiente;
  • protezione dell’ambiente non altrimenti specificata.

Il dato è misurato in termini di percentuale di Pil.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Eurostat
(consultati: giovedì 8 Giugno 2023)

Tra i paesi europei, quello in cui le spese per l’ambiente incidono di più sul Pil è la Croazia (1,5%), seguita da Paesi Bassi (1,4%), Belgio e Malta (1,3%). Le percentuali più basse si registrano invece in Danimarca, Cipro e Austria (0,4%), Irlanda (0,3%) e Finlandia (0,2%). In questo scenario, l’Italia utilizza l’1% del Pil per queste finalità, un valore di poco superiore alla media europea (0,8%).

Queste spese comprendono alcuni ambiti specifici: lo smaltimento dei rifiuti, il trattamento delle acque, la tutela del paesaggio e della biodiversità, la ricerca e sviluppo nel settore ambientale e la riduzione dell’inquinamento. Incidono in modo diverso sul totale del Pil dei singoli stati.

Il dato mostra la spesa per la protezione dell’ambiente come definito dalla classificazione Cofog. Sono comprese all’interno di questa funzione:

  • trattamento dei rifiuti;
  • trattamento delle acque reflue;
  • riduzione dell’inquinamento;
  • protezione delle biodiversità e dei beni paesaggistici;
  • R&S per la protezione dell’ambiente;
  • protezione dell’ambiente non altrimenti specificata.

Il dato è misurato in termini di percentuale di Pil.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Eurostat
(consultati: giovedì 8 Giugno 2023)

La quota maggiore di Pil è riservata alla gestione dei rifiuti (0,4%) e delle acque reflue (0,2%). Minori risorse alla riduzione dell’inquinamento, alla protezione delle biodiversità e dei beni paesaggistici (0,1%) e alla ricerca e sviluppo per la protezione dell’ambiente, una spesa che rimane molto bassa in tutti gli stati membri. L’Italia riporta percentuali simili: anche in questo caso, lo smaltimento degli scarti è l’ambito di spesa che incide di più (0,6%), alla quale seguono la riduzione delle emissioni, la tutela degli ecosistemi e la ricerca e sviluppo, tutte allo 0,1%.

Foto: Ries Boschlicenza

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